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WELLBEING / Salute sul Lavoro

Benessere fisico a lavoro: gymbro vs excel bro


Il benessere fisico a lavoro favorisce produttività, concentrazione e inclusività attraverso abitudini sane, pause attive e ambienti ergonomici.

DI Giovanni de Mojana / ottobre 2025

Benessere fisico a lavoro: gymbro vs excel bro

6:09

Hai presente il gymbro del tuo ufficio? Quello che il benessere fisico lo cerca ovunque: a lavoro, in palestra, a pranzo, a cena, mentre dorme, mentre mangia, quando è fuori a fare cose, mentre respira. Nessuno può negare che sia molto disciplinato, quasi ossessionato, anzi spesso fastidioso perché esageratamente "sano". Eppure, in un certo senso, rappresenta un promemoria silenzioso per tutti gli altri: il corpo non si spegne quando si accende il computer. 

Ora, se tu non sei un gymbro ma un “excel bro”, hai sicuramente altri tipi di ossessioni, che, tiro a indovinare, sono lontani dal benessere fisico. 

Comunque, siccome in questo blog parliamo del mondo del lavoro, ti faccio una domanda: secondo te benessere fisico e produttività lavorativa sono due mondi distinti? 

Domanda chiaramente retorica, la risposta è no, e il gymbro lo sa. 

Se credi che la produttività sia una sfida esclusivamente legata a bonus e feedback, ti stai perdendo metà del disegno. E quella metà è ferma, spesso, su una sedia troppo scomoda.

La verità è che, oggi, la battaglia per la performance aziendale si combatte tra la scrivania, la mensa e persino le scelte che si fanno dopo l'orario di lavoro. L'immobilità prolungata non è da sottovalutare: l'Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro la identifica come un rischio emergente in oltre il 60% delle organizzazioni.

In questo articolo, non ti offriremo la lista della spesa di sedie e monitor. Vedremo come trasformare il benessere fisico in azienda in una strategia olistica e soprattutto inclusiva, che va dall'alimentazione consapevole alle micro-pause attive, fino alla creazione di spazi di lavoro pensati per il comfort di tutte e tutti.

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CHE ASPETTI?

1. Benessere fisico a lavoro: siamo quello che mangiamo

“Siamo quello che mangiamo”, diceva Feuerbach, precursore degli excel bro.

Nutrirsi con pasti equilibrati aiuta a mantenere concentrazione ed energia durante la giornata. Le aziende possono collaborare con mense o fornitori per proporre piatti ricchi di verdure, proteine leggere e carboidrati complessi. Snack salutari come frutta, yogurt o semi rappresentano scelte semplici ma sempre apprezzate.

È fondamentale poi garantire sempre la disponibilità di acqua in ufficio e sensibilizzare sull’uso equilibrato della caffeina, contribuendo alla salute generale. Inoltre, ogni tanto è utile ricordare che fumo e alcol, soprattutto dopo l’orario di lavoro, possono compromettere il recupero fisico e la qualità del sonno.

Ma il benessere deve valere per ogni persona, per questo bisogna ricordarsi anche dell'inclusività nutrizionale. Offrire menù che tengano conto di allergie, intolleranze o patologie croniche, è fondamentale. Allo stesso modo, alternative vegane o a basso contenuto di zuccheri e sale garantiscono equità e attenzione.

 

benessere fisico lavoro

2. Ergonomia e ambiente di lavoro: lo sgabello di Steve Jobs

Non so bene perché ma se mi immagino una foto di Steve Jobs seduto me lo immagino su uno sgabello senza schienale. Sarà perché è più di design di una sedia da gamer con colori fosforescenti.

Ad ogni modo, un ambiente di lavoro che ha delle sedute scomode, dovrebbe valutare di cambiarle. Essere comodi riduce disturbi muscoloscheletrici e affaticamento, favorendo la concentrazione. Le postazioni dovrebbero includere sedie regolabili, tavoli adeguati e monitor posizionati correttamente, intervenendo sull’ergonomia come misura di prevenzione essenziale. 

Secondo il Good Work Index del CIPD, i disturbi muscoloscheletrici rappresentano, infatti, il problema fisico più frequente per il 32% dei lavoratori. A questo si aggiunge la qualità dell'ambiente circostante: la luce naturale, una ventilazione adeguata e la pulizia costante influiscono direttamente sul benessere. Inoltre zone relax, corridoi ampi e postazioni flessibili anche per chi vuole lavorare in piedi, favoriscono il movimento e la riduzione dello stress.

Anche qui bisogna parlare di inclusività fisica delle postazioni: adattare le postazioni di lavoro a persone con disabilità visibili o invisibili con tastiere ergonomiche, scrivanie regolabili e percorsi accessibili consente a ogni persona di lavorare al meglio delle proprie capacità.

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3. Pause attive e movimento quotidiano: la scuola peripatetica 

La scuola peripatetica adorava fare le "call" camminando, Aristotele più di tutti.

Senza andare in giro per tutto il quartiere, potremmo iniziare dall'interrompere le ore di sedentarietà: micro-pause e stretching di 3 minuti con semplici esercizi favoriscono la circolazione e riducono la tensione muscolare. Il Workplace Physical Activity Break Guide del CDC propone modelli pratici per inserire queste pause nella routine aziendale. 

In aggiunta, si possono svolgere alcuni meeting in piedi o promuovere brevi camminate durante la giornata. Anche scegliere le scale al posto dell’ascensore farebbe bene, a te e all’ambiente.

Lo dice anche l'indagine europea sulle imprese del 2024 sui rischi nuovi ed emergenti: interrompere i periodi prolungati di immobilità migliora la concentrazione, riduce lo stress e stimola il benessere cognitivo. 

E sì, anche (e soprattutto) in questo caso, l’inclusività conta: le pause attive devono poter coinvolgere tutte e tutti, con esercizi leggeri, momenti di respirazione guidata o semplici movimenti adattati alle diverse esigenze fisiche o neurodivergenze in caso fossero presenti.

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Per concludere, il gymbro, Feuerbach, Steve Jobs, e Aristotele avevano una cosa in comune: sapevano che mente e corpo non lavorano mai da soli.

Il punto è che il benessere fisico a lavoro non si risolve con una sedia ergonomica o un abbonamento in palestra, ma con un approccio continuo, inclusivo e intelligente che fa parte di una più ampia strategia di wellbeing aziendale; che tu preferisca il bilanciere o la tastiera cambia poco, l’importante è muovere qualcosa: il corpo, le abitudini o il welfare culturale della tua azienda.

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CHI L’HA SCRITTO?

Giovanni de Mojana
Giovanni de Mojana

Nato nel 1995 a pochi metri da dove avrebbe lavorato 29 anni più tardi, Giovanni trova la sua vocazione nel copywriting un anno prima di compiere trent'anni. Figlio di una scrittrice, crede di aver ereditato un qualche gene per l'arte, nutrendosi dunque di fotografia d'autore, cinema d'essai e musica folkloristica. Ama la montagna, ha un cane che ama la montagna, e, quando può, viaggia in Paesi dove, puntualmente, scoppia una guerra o si verifica qualche catastrofe naturale subito dopo la sua partenza.

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