Formazione

Learning by doing: da John Dewey a oggi

Il learning by doing è l'approccio didattico che permette di apprendere dall'esperienza. Scopri la teoria di John Dewey e le sue caratteristiche.

DI Elisabetta Rafaele / agosto 2024

Il learning by doing è una metodologia della formazione che dà rilievo all’applicazione pratica delle conoscenze affinché vengano sedimentate e apprese. Nello specifico, le persone non sono contenitori vuoti da riempire con informazioni veicolate in modo passivo, bensì desiderano un rapporto attivo con l’esperienza: il soggetto è al centro del processo di apprendimento, dove le attività esperienziali e laboratoriali acquisiscono rilevanza, proprio perché l’apprendimento efficace non è composto solo di conoscenze, ma anche di abilità e di competenze che vanno promosse attraverso diverse strategie didattiche e la sperimentazione attiva.

Apprendere dal fare, quindi, non solo è una metodologia auspicabile nel contesto scolastico, ma anche nell’aggiornamento professionale e nella formazione aziendale, dove diventa cruciale connettere le conoscenze con l’applicazione diretta nelle attività quotidiane, affinché avvenga una cambiamento di comportamento o di attitudine. Per comprendere l’evoluzione di questa metodologia della formazione, è necessario in primo luogo partire dalle origini per poi focalizzarsi sulle caratteristiche che contraddistinguono questo approccio didattico. In questo articolo quindi tratteremo i seguenti argomenti:

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1. Il learning by doing di John Dewey

La metodologia del learning by doing è stata teorizzata dal pedagogista e filosofo statunitense, John Dewey. Durante i suoi studi universitari all'Università del Vermont e alla Johns Hopkins University di Baltimora, Dewey venne influenzato dal pensiero dei due fondatori del pragmatismo, Charles Peirce e William James.

Secondo il pragmatismo, la conoscenza si raggiunge con le esperienze concrete, il pensiero è quindi un processo attivo che dipende da un comportamento e da una credenza. Durante i suoi anni di insegnamento all’Università di Chicago, egli applicò l’attivismo pedagogico, ovvero l’approccio che stimola l’apprendimento attraverso il fare, tramite l’istituzione della scuola-laboratorio: secondo Dewey, i discenti apprendono con maggiore efficacia quando hanno l’occasione di sperimentare e di essere protagonisti attivi.

La visione di questo approccio educativo considera:

  • il discente al centro del processo di scoperta e apprendimento;
  • la libertà di pensiero: il discente è libero di valutare in modo critico una situazione e le opzioni che possiede per affrontarla. La libertà consente infatti ai discenti di svilupparsi e di dirigere le proprie esperienze in modo autonomo verso una continuità educativa;
  • il docente come facilitatore: egli non trasmette le conoscenze in maniera passiva, ma è guida del processo di scoperta e apprendimento del discente. Il docente, inoltre, personalizza le caratteristiche del suo insegnamento secondo gli interessi e i bisogni del discente;
  • l’esperienza pratica come fattore abilitante dell’apprendimento: la comprensione dei concetti avviene attraverso l’azione e la percezione del mondo;
  • l’apprendimento come frutto dell’azione sociale: i discenti che apprendono sono intesi come comunità democratica, dove vige la partecipazione attiva e il senso di corresponsabilità nell’acquisizione di nuove conoscenze.
In sintesi, secondo il pensiero di Dewey, il facilitatore si focalizza sulla conoscenza, modificando l’oggetto d’apprendimento e facendo sì che il discente interagisca con il mondo in maniera attiva. La formazione deve, quindi, prevedere l’ascolto attivo attraverso l’esperienza dell’attività concreta: questa metodologia didattica consente al discente di incamerare esperienze in grado di aiutarlo nella comprensione e facilitando le interazioni. Il learning by doing di Dewey rappresenta una nuova visione dell’azione formativa, dove l’idea di fondo è quella stimolare l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita.

2. Il ruolo dell'esperienza nella formazione

Come anticipato, un elemento chiave dell’approccio di Dewey nella formazione è l’esperienza: egli infatti propone una nuova definizione di questo concetto che appartiene alla filosofia sin dalle origini. A differenza l’empirismo classico, Dewey sostiene che l’esperienza non è la mera somma di dati sensoriali, e contrariamente a quanto afferma la psicologia sperimentale egli ritiene che sia impossibile scomporre l’esperienza in momenti successivi e distinti, così come non è auspicabile distinguere nettamente l’individuo dall’ambiente e lo stimolo dalla risposta.

Nello specifico quindi l’esperienza per Dewey è un processo e non il risultato di un semplice accumulo di conoscenze acquisite. Inoltre, nell’esperienza non è possibile distinguere il soggetto dell’esperienza dall’oggetto esperito: in questa dialettica, individui e ambiente si determinano e si modificano reciprocamente. Infine, Dewey non considera l’esperienza come attività isolata e singola: le esperienze sono sempre legate tra loro in un continuum e non sono un fatto individuale, bensì sociale.

L'approccio all'educazione di Dewey ha influenzato le successive teorizzazioni sulla formazione esperienziale: questa metodologia mette l’individuo al centro di un processo di apprendimento basato sull’analisi e risoluzione dei problemi. In particolare, il facilitatore ha il compito di creare esperienze formative significative su cui il discente è chiamato a mettersi in gioco per acquisire conoscenze e competenze, facilitando la riflessione critica dell'individuo e la ripetizione di tali apprendimenti in contesti reali. L'approccio della formazione esperienziale quindi, attraverso la simulazione di un set di comportamenti reali, stimola il coinvolgimento emotivo che consente di memorizzare le conoscenze apprese.

Quali sono gli step di un apprendimento esperienziale efficace? L'educatore statunitense David Kolb ha sviluppato una metodologia formativa, chiamata Ciclo di Kolb, che considera l'apprendimento di nuove competenze un processo a spirale continua. Nello specifico, è composto da 4 fasi che consentono di acquisire e sviluppare competenze e abilità secondo un approccio circolare all'apprendimento.

  1. Esperienza concreta: i discenti sperimentano attivamente le competenze e abilità attraverso attività interattive e simulazioni.
  2. Osservazione riflessiva: in questa fase, i discenti riflettono sulle sensazioni e i comportamenti emersi durante l’esperienza diretta; 
  3. Concettualizzazione astratta: l'obiettivo consiste nella formazione di modelli mentali dei concetti e delle abilità sperimentate, al fine di estenderli a situazioni esterne all'attività formativa.
  4. Sperimentazione attiva: le competenze acquisite vengono verificate in situazioni nuove attraverso l'utilizzo di simulazioni, questionari, case studies e laboratori. Quest’ultima fase diventa un’esperienza concreta genera un nuovo ciclo di apprendimento.

L'approccio della formazione esperienziale permette quindi di raggiungere un apprendimento significativo ed efficace delle competenze, poiché si serve di attività formative dotate di analogie con la quotidianità e il contesto sia personale che lavorativo dei discenti.

Per riassumere, ecco di seguito i principali vantaggi dell'approccio esperienziale per la formazione aziendale: 

  • applicazione immediata delle conoscenze acquisite nelle attività lavorative quotidiane;
  • acquisizione di feedback in tempo reale: dopo la sperimentazione attiva, i discenti ricevono feedback sia dal facilitatore che dai colleghi per rinforzare l'apprendimento delle competenze; 
  • miglioramento del team building: l'approccio laboratoriale consente di rafforzare il rapporto interpersonale con i colleghi e le abilità comunicative;
  • sviluppo del problem solving: le persone attraverso la sperimentazione attiva migliorano le capacità di risoluzione dei problemi e di analisi delle alternative e acquisiscono uno stile di pensiero divergente, fondamentale nelle situazioni quotidiane;
  • monitoraggio dei propri miglioramenti: attraverso i feedback continui, le persone possono monitorare in tempo reale i propri progressi per migliorare le eventuali lacune e raggiungere risultati concreti. 

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Elisabetta Rafaele
Elisabetta Rafaele

A 5 anni ho scoperto il fascino del digitale accendendo un Windows 98, senza sapere leggere né come usarlo. Da allora, la mia curiosità non si è mai fermata. Oggi, come psicologa, unisco la passione per la tecnologia alla mia missione: aiutare le persone a crescere e stare meglio. Credo che con un pizzico di creatività e fiducia in sé stessi, tutto sia possibile, proprio come dice Eminem: “You can do anything you set your mind to”.

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