Digital Strategy

Umanesimo digitale: la via della ripresa, tra tecnologia e valori

Lo scopo della tecnologia è quello di migliorare la vita dell’uomo e non essere fine a se stessa. Questo è il significato di umanesimo digitale.

DI Francesca Fantini / giugno 2024

L’accelerazione digitale impressa dalla pandemia, insieme allo stato di incertezza comportato dallo stravolgimento dei punti fermi di quell’enorme contenitore che chiamiamo marketing - e più in generale del modo di fare business - sta facendo nascere una nuova direttrice di sviluppo all'interno delle imprese, che trova il suo fondamento nell’unione di ciò che sembra antitetico solo a livello superficiale: l’essere umano e la tecnologia. Perché si parla di umanesimo digitale e che ruolo hanno i brand in tutto questo?

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1. Umanesimo digitale: cos’è

Le persone devono essere al centro del progresso tecnologico. Questa è in sostanza la definizione di umanesimo digitale, un termine per indicare che lo scopo della tecnologia è quello di migliorare la vita dell’uomo e non essere fine a se stessa o assoggettata a obiettivi manipolatori. Pensiamo ad esempio allo scandalo di Cambridge Analytica o ai temi sempre più discussi di clickbait e infodemia, che stressano le condizioni già difficili dettate dalla pandemia in corso: queste pratiche violano i principi secondo cui il digitale dovrebbe essere libero e neutrale per aiutare l’umanità a progredire.

Anche le tesi del Cluetrain Manifesto, diventate popolari nel 1999 per il loro approccio avanguardista sul modo di vedere internet come un grande mercato conversazionale, sono state aggiornate dando più peso all’essere umano al centro della rivoluzione digitale. In particolare, alla numero 41 si legge:
Ad uno sguardo freddo la Rete è solo tecnologia. Ma è popolata da creature che si scaldano per quello a cui tengono: le loro vite, i loro amici, il mondo che condividiamo.
La dimensione digitale si sta integrando in modo sempre maggiore nella vita delle persone, dando vita a un sistema phygital (dall'unione di physical e digital) che è l’integrazione fra online e offline, in logica omnicanale.

Se già prima della pandemia un buon numero di persone utilizzava internet come touchpoint più volte nell’arco del proprio customer journey (il processo decisionale d’acquisto), è un fatto innegabile che dopo la crisi sanitaria l’interazione fra brand e persone sia ancora più digitale. Questo tipo di approccio deve far ripensare le logiche alla base del posizionamento comunicativo dei brand, che non possono più permettersi di ignorare le abitudini del proprio pubblico. 

2. Umanesimo e tecnologia: le due direzioni dei brand

In un momento di incertezza come quello odierno, è fondamentale che i brand sappiano trasmettere non solo la qualità e autenticità dei prodotti, ma che sappiano anche dimostrare di avere dei valori precisi e una visione del mondo da condividere con il proprio pubblico. “I brand forti ripristinano la fiducia dei consumatori e la concorrenza fra i marchi può ricostruire la forza economica”: questa è la considerazione del report presentato da Brand Finance, secondo cui l’importanza dei brand aumenta proprio durante i periodi di crisi.
Tutte le volte che ci chiamate consumatori, ci sentiamo come le mucche che cercano il significato della parola “carne".

— Tesi n°57 del nuovo Cluetrain Manifesto

Il valore trasmesso dal proprio brand non si esprime solo nei confronti dei potenziali clienti: vi sono anche altre parti interessate che possono contribuire a rafforzarne il posizionamento. Ad esempio, i fornitori potrebbero essere più propensi a offrire degli sconti pur di lavorare con un marchio che ritengono “facile da trattare”.

O ancora, il personale orgoglioso del brand come valido datore di lavoro potrebbe non solo lavorare meglio, aumentando la produttività, ma anche generare employee advocacy per attrarre i nuovi talenti nativi digitali. Negli ultimi 10 anni, i brand più forti nel Brand Finance Global 500 - il rapporto annuale sui marchi più preziosi e forti del mondo - sono stati anche quelli più resilienti e che si sono ripresi più velocemente dopo gli shock economici.

La carica dirompente della rivoluzione digitale deve quindi essere al servizio dei bisogni delle persone, altrimenti si parla solo di adozione sterile di tecnologia, che può non avere nessun impatto strategico sul business.

Che sia il bisogno generalizzato di ricevere risposte e informazioni sui propri prodotti, o quello più strategico di formare il personale con un piano di aggiornamento delle competenze, i brand sono chiamati all’umanesimo digitale: evolversi per incontrare le esigenze di tutti gli stakeholder, sui canali appropriati e nelle modalità giuste per ciascuno, tenendo a mente che la tecnologia è solo un mezzo per raggiungere le persone.
La Rete non è un medium più di quanto non lo sia una conversazione.

— Tesi n°19 del nuovo Cluetrain Manifesto

In tempi di crisi, i brand più forti nelle loro categorie e mercati diventano un rifugio sicuro per il capitale. Come l'oro o le belle arti durante le passate recessioni economiche, oggigiorno un brand ben gestito, innovativo e rispettabile, è ciò a cui si rivolge l’economia globale nel momento del bisogno.

In conclusione, l’umanesimo digitale è la frontiera verso cui si stanno dirigendo molti brand, spinti anche dall’accelerazione tecnologica incentivata dalla pandemia. Ciascuna azienda, in un contesto mutevole e con meno punti di riferimento, può ripartire dall'analisi del proprio nucleo strategico, individuandone i valori fondamentali da comunicare, in linea con i desideri del proprio pubblico.
Vivi i valori che vuoi promuovere su Internet.

— Tesi n°114 del nuovo Cluetrain Manifesto

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Francesca Fantini
Francesca Fantini

Nata da un felice connubio tra Italia del nord e del sud, possiede il gene prepotente della curiosità. Copywriter di professione, storyteller per vocazione, vegetariana per scelta, nel tempo libero fa esperimenti ai fornelli e acquista più libri di quanti potrà mai leggerne.

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