Soft Skill

Esplorazione degli stili di Leadership

Scopri come adattare la tua leadership per ispirare e guidare con successo nel contesto aziendale contemporaneo.

DI Giada Capoferri / settembre 2024

Guidare un team richiede competenze multidimensionali, determinazione strategica ed empatia per gestire efficacemente le dinamiche interne.

Dal verbo “to lead” che significa “guidare” o “condurre”, la leadership indica infatti la capacità di una persona di guidare, ispirare e influenzare gli altri membri di un gruppo o di un’organizzazione, al fine di raggiungere un obiettivo comune.

In questo articolo parleremo di stili di leadership, vedremo come ogni organizzazione può crescere ed evolvere comprendendo quando è più opportuno utilizzare uno stile di leadership piuttosto che un altro, e all’importanza che risiede nell’advocacy.

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1. Definizione e importanza degli stili di Leadership

Instabilità, incertezza, complessità, ambiguità, sono i termini che riassumono i caratteri del nostro presente. Un’epoca segnata da instabilità, cambiamenti repentini, battute d’arresto e ripartenze, che sta sempre più imponendo a persone e aziende un riassetto del mindset, a favore di una maggiore flessibilità e capacità di adattamento. 

Negli ultimi anni, il mondo organizzativo si è dunque trovato a dover rivalutare consolidati paradigmi e schemi di pensiero, come la modalità di gestione del team, diventati ormai inadeguati per il contesto moderno.

Il ruolo cruciale dei leader nel proporre modelli strategici focalizzati sulla relazione e allineati al cambiamento, e il loro nesso con la sopravvivenza organizzativa, sono un dato di fatto. Secondo l’indagine di Great Place to Work condotta da Espresso Communication, tra le dieci “soft skill” essenziali per i leader del futuro spicca la leadership collettiva. Non c’è dubbio: 

Il successo aziendale deriva dalla capacità dei team di mettere in sinergia competenze e abilità per raggiungere obiettivi comuni e condivisi.
Creare un ambiente di lavoro sereno, stimolante e collaborativo, in cui gli individui sono resi partecipi del processo decisionale, pone le basi per lo sviluppo di un forte sentimento di appartenenza al gruppo, che conduce a sua volta i membri a essere più propensi a partecipare attivamente alle attività quotidiane e a portare idee innovative. 

Si parla di un processo di certo non semplice da attuare, ma che se fatto con costanza e professionalità, può favorire la crescita e lo sviluppo aziendale.  

Tuttavia, come spiegato all’interno dell’articolo “Che cosa si intende per Leadership”, non bisognerebbe parlare di leadership al singolare, bensì al plurale. Esistono infatti differenti tipologie di leadership che possono essere combinate fra loro e utilizzate a seconda delle situazioni.

2. I differenti Stili di Leadership

Non esiste un unico stile di leadership che funzioni per tutte le persone e tutte le situazioni.

Ogni leader possiede una personalità e un bagaglio di esperienze che influenzano il suo modo di guidare le persone. Una modalità che, per evitare che diventi controproducente, deve cambiare nel tempo e a seconda delle situazioni. Se in alcuni casi infatti è necessario essere una guida direttiva, in altri casi è invece ottimale che sia il team ad assumere il comando.

Ripensare al proprio stile e, se necessario, riallinearlo, così da mantenere alto il livello di coinvolgimento e produttività nelle persone, è dunque indispensabile. 

Analizziamo nel dettaglio i principali stili di leadership che Goleman e Lewin hanno identificato.

2.1 Leadership autoritaria

Dal motto "Faccia come dico io!”, lo stile di leadership autoritario si basa sul totale controllo da parte del leader della situazione, che prende le decisioni in autonomia e coinvolge le persone solo quando necessario per seguire le sue istruzioni. Poiché l’abuso prolungato di questa modalità risulta fortemente demotivante, è consigliato l’utilizzo solo per situazioni di emergenza, in cui è richiesto un intervento rapido e deciso, dove è necessario che tutti vadano nella stessa direzione e le decisioni non devono essere discusse a lungo.

2.2 Leadership autorevole

L’obiettivo della leadership autorevole è chiaro e preciso: creare il miglior clima possibile all’interno del contesto lavorativo. Questa infatti rappresenta una buona scelta soprattutto in tempi di forte crisi, quando l’azienda sta attraversando importanti cambiamenti. In accordo con il motto “mi accompagni lungo il percorso”, è sempre il leader a decidere dove andare, prestando comunque attenzione alla libertà e all'indipendenza dei membri proprio team, che sentendosi ascoltati sono più propensi a contribuire con le proprie idee. Anche qui è richiesta cautela: se da un lato infatti viene favorito lo sviluppo delle singole competenze, dall’altro, il porre troppa attenzione alla struttura della squadra fa perdere di vista l'obiettivo generale.

2.3 Leadership delegativa o laissez-faire

Dal francese “laissez-faire”, letteralmente “lascia che sia”, questo stile di leadership si basa su due concetti fondamentali: poche indicazioni e massima libertà nel processo decisionale. I leader delegativi infatti preferiscono prendere le distanze dal gruppo, lasciando che siano i membri a decidere in totale autonomia come procedere riguardo un progetto. Ciò può portare enormi vantaggi all’organizzazione se tutte le persone del team sono esperti qualificati. In caso contrario, il risultato che si otterrebbe sarebbe la non presa di coscienza della responsabilità e grande confusione riguardo ruoli e responsabilità

Leadership autorevole

2.4 Leadership affiliativa

L’idea che guida le azioni di un leader affiliativo è la creazione di un ambiente di lavoro fondato sulle relazioni e armonia. “Per me le persone sono al primo posto”: i membri di un gruppo devono sentirsi ascoltati e valorizzati, perché non è il prodotto o il servizio dell’azienda che viene prima di tutto, bensì le persone che lavorano. Proprio per questo la leadership affiliativa risulta un valido alleato nei momenti in cui è necessaria la massima fiducia, come durante la creazione di un nuovo team.  Tuttavia, il rischio maggiore a cui si può incorrere quando si sceglie di adottare tale stile è quello di lasciarsi sopraffare dagli aspetti emotivi e relazionali e perdere così di vista gli obiettivi aziendali. 

2.5 Leadership partecipativa

Secondo Lewin, lo stile di leadership più efficace è quello partecipativo, in cui il leader si considera a tutti gli effetti parte del gruppo e investe tempo ed energie nella crescita dei propri collaboratori. Ogni idea e opinione è dunque ben accolta e ognuno è partecipe del processo decisionale. Aumento del livello di collaborazione, creatività e coinvolgimento sono i benefici portati, mentre uno dei principali svantaggi è la produttività che può calare.

2.6 Leadership orientata alle prestazioni

Come la leadership autoritaria, anche lo stile di leadership orientato alla performance deve essere utilizzato unicamente in situazioni estreme, in cui ad esempio si verifica carenza di personale o è necessario raggiungere un obiettivo in poco tempo. Il rischio è sempre lo stesso: demotivazione e scarsa produttività. Tuttavia ciò che differenzia questo stile da quello autoritario è la richiesta di massimo impegno da parte di tutti gli individui per raggiungere l'obiettivo. 

2.7 Leadership-coaching

Così come per la leadership affiliativa, anche nella leadership-coaching il focus è sulla persona e sullo sviluppo del potenziale. Un leader coach supporta infatti il singolo individuo nel processo di crescita personale e professionale, identificando i punti di forza e di debolezza, e collegando efficacemente le specifiche capacità agli obiettivi aziendali. Sebbene richieda un alto dispendio di tempo ed energie, quello da coach è considerato tra gli stili di leadership più efficaci, in quanto crea individui qualificati che risultano autonomi, produttivi e collaborativi. 

2.8 Leadership trasformazionale

Le quattro I della leadership trasformazionale sono: considerazione individualizzata, stimolazione intellettuale, motivazione ispirazionale e influenza idealizzata. E "Leader e seguaci si aiutano l'un l'altro per raggiungere un obiettivo” ne è il motto. In questo caso non vi sono differenze tra leader e follower: ogni persona mette a disposizione del gruppo le proprie competenze e abilità per raggiungere un obiettivo comune. Perché questo funzioni, è tuttavia necessario che tutti quanti siano allineati e condividano la mission e vision dell’azienda. 

2.9 Leadership transazionale

La leadership transazionale sta a significare “io ti do questo e tu mi dai quello”. Utile soprattutto in situazioni in cui il problema è chiaro e definito, in questo caso il leader si occupa di fornire indicazioni ai membri del team e si aspetta che questi svolgano il compito di conseguenza. È anche definito stile di leadership eccezionale perché a delle azioni eccezionali corrispondono premi o punizioni. Se il lavoro è fatto bene, si otterrà un premio, mentre se è scadente ci saranno delle punizioni. Se da un lato questo garantisce massima chiarezza e trasparenza nelle istruzioni, che non possono così essere fraintese, dall’altro la creatività e l'iniziativa individuale vengono represse e la fiducia risulta minata. 

Negli ultimi anni le aziende hanno dovuto fare i conti con l’aumento del turnover e una forza lavoro ridotta. Per far fronte a tale situazione è stato dunque necessario abbandonare approcci troppo aggressivi a favore di stili di leadership che valorizzano il singolo e le sue potenzialità, come quello della “leadership diffusa”.

2.10 Leadership diffusa

In contrapposizione alla leadership unica, in cui tutto il potere decisionale e gestionale è concentrato nelle mani di una sola persona, la leadership diffusa si fonda su un modello collaborativo, ematico e condiviso. L’idea al centro è che una persona può essere contemporaneamente leader per un progetto e follower per un altro, a seconda delle sue capacità. Questo permetterà alle persone di sentirsi libere di dare il loro contributo e di esercitare il loro spirito di iniziativa a seconda della situazione e del compito richiesto. Come sostiene Valeria Cantoni Mamiani, docente e autrice di "Leadership di cura”, c’è oggi la possibilità di aprirsi a forme inclusive e a un modo di vivere il ruolo senza troppo identificarsi in esso, procedendo orizzontalmente in mezzo ai cambiamenti.  In un contesto che cambia velocemente, come quello che stiamo vivendo, la leadership diffusa rappresenta una risposta efficace alla richiesta di maggiore flessibilità e valorizzazione, specie da parte dei talenti. È facendo spazio che si può attirarli e, soprattutto, trattenerli.

Leadership diffusa

3. Advocacy: il cuore della leadership

Dall’inglese “to advocate” che significa promuovere qualcosa, l’advocacy, calata nel contesto organizzativo, indica un’attività che ha come scopo quello di costruire consenso, interesse e attivazione nei confronti di questioni e problematiche che interessano l’azienda. Tra queste vi sono certamente la diversità, l’equità, l’inclusione e l’appartenenza.

I leader sostenitori non cercando dunque di avere solo un impatto sui singoli membri del gruppo, ma hanno un obiettivo ancora più grande: trasformare la cultura organizzativa, al fine di creare ambienti di lavoro più inclusivi, diversificati ed equi, in cui poter crescere.

Prendendo come esempio le disuguaglianze di genere, un advocate leader, invece che limitarsi ad aiutare semplicemente le singole donne ad avere successo, cerca di identificare e modificare le condizioni che stanno alla base di questa cultura nell’organizzazione. 

L’advocacy dunque deve essere il cuore di ogni leadership che si rispetti, una tecnica persuasiva che, se utilizzata come catalizzatore per il cambiamento personale o sociale, conduce l’organizzazione a prosperare.

Soltanto curando le relazioni e sostenendo gli obiettivi di ognuno si può ottenere produttività e fidelizzazione dei collaboratori che, vedendo in prima persona i benefici che porta l’advocacy, sono più propensi a diventare essi stessi sostenitori dell’azienda per cui lavorano. 

Un sostegno che, soprattutto se espresso all’esterno, ad esempio sui canali social, può diventare un enorme vantaggio competitivo. Perché la reputazione aziendale passa in primis proprio attraverso la voce dei propri dipendenti.

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CHI L’HA SCRITTO?

Giada Capoferri
Giada Capoferri

Come dico sempre “con la mente a lavoro in città, ma con il cuore in montagna, con i miei cani Topo e Anubi”. Nel cassetto giace il sogno di aprire un rifugio in cui vivere circondata da stambecchi e marmotte e lasciare il cuore ad ogni alba e tramonto. Nel frattempo, da buona psicologa quale sono, cerco di comprendere cosa passa per la testa delle persone che scelgono volontariamente di alzarsi alle 4 di mattina nel weekend per faticare a raggiungere una misera croce in vetta. Per ora, io ne ho raggiunte 50.

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