La promessa dell’IA generativa, nel campo della produzione visiva, sembra quella di renderci tutti più creativi: si scrive un’indicazione all’interno di una casella di testo e si ottiene un visual originale in pochi istanti. Potremo disegnare il mondo come più ci piace: questo, però, non significa essere artisti. L’IA è uno strumento e, proprio come un pennello, da solo non basta. Bisogna imparare ad usarlo. 

Uno dei settori più toccati dalla diffusione dell’intelligenza artificiale generativa è senza dubbio la produzione di immagini. Dall-E, DreamStudio, Midjourney, Stable Diffusion… oggi sono numerosi gli strumenti di produzione visiva a partire da un prompt, un set di istruzioni. Quale sarà l'impatto delle IA nell’arte e in particolare nel visual design? 
Lo abbiamo chiesto a Francesco D'Isa, filosofo, artista visivo e scrittore

- Francesco, tu usi l’intelligenza artificiale da tempo, e fai esperimenti visivi in merito. Come ti sei approcciato all’IA e perché? 

Mi sono approcciato all’intelligenza artificiale da filosofo più che da artista. Mi sono interessato all’argomento a partire da alcuni studi interessanti sul machine learning. Cominciai a monitorarlo molto seriamente dal rilascio di Google Dreams, il primo strumento per la generazione di immagini. In seguito, quando sono comparsi alcuni strumenti disponibili anche al grande pubblico, ho iniziato a lavorarci come artista. Negli ultimi due anni c’è stato il boom e ne ho utilizzati molti, soprattutto l’intelligenza artificiale generativa, sia per creare immagini sia testo. Adesso gli strumenti che uso di più sono Stable Diffusion e le tante sue derivate, essendo una delle poche open source disponibili, e Midjourney che resta uno dei più potenti. Dal punto di vista del testo ne uso varie, ma quella più interessante resta Chat GPT 4, ora 4o.

- L’intelligenza artificiale ha influenzato o modificato il tuo processo creativo come artista? 

Non lo ha cambiato per niente. Il processo creativo è molto simile, qualunque strumento io utilizzi. L’ha potenziato perché, quando si parla di immagini, la grande novità di questo strumento è che puoi costruirle partendo dal testo. Per me che non ho competenze manuali e ho sempre lavorato con il digitale, ma vivo anche di scrittura, è stato un regalo di Natale perfetto: uno strumento che mescola due ambiti apparentemente separati che in me sentivo vicini. È stata la sintesi della natura ibrida della mia attività. Il processo creativo cambia con ogni strumento che si utilizza, ma nella sua natura rimane immutato…cambiano le prassi, ma la creatività rimane la stessa

- Quanto, secondo te, una persona che utilizza strumenti di intelligenza artificiale può definirsi artista? 

“Artista” è un’etichetta che ci pone la società, cambia con il cambiare dei tempi. In generale si può definire artista chi lo è al di là dello strumento che utilizza: se prendi in mano un pennello non sei per forza un pittore, se usi la macchina fotografica non è detto che tu sia un buon fotografo. Per quanto riguarda l’IA, l’affermazione “fa tutto il computer” mi vede molto contrario: nasce un dibattito ogni volta che uno strumento propone una forma di automazione. Con la fotografia è stato identico, come con la computer graphics. Il livello di automazione dello strumento non implica che non si possa fare arte. L’arte si può fare con qualunque cosa, Manzoni ci ha insegnato che l’arte si può fare anche con la merda (il riferimento è all’opera di Piero Manzoni, “Merda d’artista”, N.d.R), figuriamoci se non si può fare con l’IA.
Però, come per tutti gli strumenti, non basta usarlo per diventare artista. 
E, come con tutti gli strumenti, anche con l’IA è facile creare cose mediocri. D’altronde, anche con una matita si può fare un disegno brutto. È difficile raggiungere la qualità più alta e questo vale per tutti gli strumenti. Oggi siamo inondati da tanti prodotti mediocri fatti con l’IA e poche opere d’arte assolute

- Il fatto che l’arte - sicuramente il “visual” - sia in un certo senso più disponibile e (forse) più facile da produrre con le IA, che risvolti pensi possa avere nel mondo dei visual designer e in generale per chi si occupa di grafica? 

Per rispondere mi collego a un aneddoto: un collega molto critico sull’IA mi ha mandato la foto di un depliant di un artigiano - credo un idraulico - con un orrendo gattino fatto con Midjurney scrivendomi "questi sono i problemi dell’IA”. Gli ho quindi chiesto se avesse mai visto un volantino di un idraulico con una bella grafica. Lui ha risposto: “touché”.
In certi casi le immagini brutte realizzate con l’IA sostituiscono altre immagini brutte che si utilizzavano prima. Il livello di artigianato visuale medio-basso era medio basso prima e resta medio-basso adesso, anche se forse grazie all’IA migliora un po’. Se un’azienda vuole un’impostazione visiva più elaborata non può affidarla a caso a un suo dipendente, deve per forza affidarsi a dei professionisti che possono utilizzare l’IA

- Qualcuno però pensa che lavori come visual designer e copywriter risentiranno dell’arrivo dell’IA generativa, perché sostituibili dagli algoritmi. Cosa ne pensi?

Io utilizzo l’IA anche come copy per lavorare alla rivista che dirigo - L'indiscreto - e in redazione si utilizza. L’IA può aiutare a scrivere alcuni testi per i social, alcune newsletter, perché è veloce. Ma se poi non rivedi i testi, non li modifichi o non dai le giuste istruzioni, i risultati sono mediocri. La creatività umana non può essere sostituita.

- Anche lato visual si parte sempre da un prompt scritto, giusto? 

La base è quella, però in realtà il prompt scritto è solo una delle opzioni. Esistono più comandi. Si può anche lavorare utilizzando delle immagini come prompt. Gli strumenti che partono dal prompt scritto sono Dall-E e Adobe Firefly, e sono quelli più censurati. Il prompt è una piccola parte del lavoro, e infatti il famoso mercato dei prompt di cui si parlava all’inizio della diffusione dell’IA è già fallito miseramente. 

- Cosa intendi con “censura”? 

A parte il tema della violenza e del nudo, queste applicazioni bloccano tutto quello che, secondo loro, è protetto dal copyright. Non si possono usare riferimenti a nomi d’artisti. Inoltre hanno filtri sul tema fotografico, che impediscono di realizzare immagini con una qualità fotografica. Ogni volta che si mettono questi blocchi, però, si bloccano anche tante altre potenzialità inconsapevolmente. Limitando la resa fotografica, per esempio, si riduce la resa iper realistica di un dettaglio grafico. 

- Secondo te le IA sono semplicemente strumenti per gli artisti o potrebbero essere considerate autori a pieno titolo?

Ti rispondo come ho scritto nel mio ultimo libro “La rivoluzione algoritmica. Arte e intelligenza artificiale”: le IA sono autori se si accetta che tutti gli strumenti che utilizziamo siano autori, nel momento cioè in cui una macchina fotografica è autrice e un pennello è autore. Tutti gli strumenti hanno con sé uno sfondo di attività che fanno al posto nostro o che costringono a fare in un certo modo. La macchina fotografica per esempio è basata su un percorso culturale che va dalla prospettiva rinascimentale alla camera oscura, fino allo strumento che conosciamo oggi, e imposta lo sguardo in un certo modo, seguendo tecnologie utilizzate da altri. Anche la pittura è così: molte delle tecniche che usa un artista non le ha inventate lui, sono mezzi che si imparano e si ereditano. Da questo punto di vista sono molto più affine alle filosofie orientali, che in un famoso detto zen dicono: “il pittore è autore quanto l’inchiostro e la tela”

- In conclusione, come vedi il futuro dell'arte e del design visivo con l'avanzamento delle tecnologie che sfruttano l’IA?

Le profezie a dirle non si avverano, ma proviamo... All’inizio mi aspetto un periodo un po’ noioso in cui tutti gli strumenti si appiattiranno a causa di blocchi e censure. Dopodiché ci si abituerà agli strumenti, ci sarà un’evoluzione maggiore intorno a essi e diventeranno di largo uso
L’IA sarà - per il grafico del 2028 - quello che Photoshop è per noi adesso: uno dei tanti mezzi a disposizione come la fotografia, la matita e la pittura ad olio. 

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Francesca Fantini
Francesca Fantini

Nata da un felice connubio tra Italia del nord e del sud, possiede il gene prepotente della curiosità. Copywriter di professione, storyteller per vocazione, vegetariana per scelta, nel tempo libero fa esperimenti ai fornelli e acquista più libri di quanti potrà mai leggerne.

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