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Innovazione digitale / WELLBEING

La tecnologia cambia il lavoro: le relazioni lo fanno funzionare

Mentre la tecnologia cambia le interazioni quotidiane, le relazioni restano il motore di performance, benessere e retention.

DI Federica La Russa / dicembre 2025

La tecnologia cambia il lavoro: le relazioni lo fanno funzionare
8:54

 

L’Intelligenza Artificiale (IA) sta trasformando il lavoro a una velocità senza precedenti: automatizza attività, supporta decisioni complesse, cambia ruoli e competenze. Parallelamente, il lavoro ibrido e digitale sta cambiando il modo in cui stiamo insieme: quando ci incontriamo, come collaboriamo, cosa percepiamo degli altri.

Queste due forze, l’IA che cambia il contenuto del lavoro e il digitale che cambia il contesto del lavoro, stanno ridisegnando il tessuto relazionale delle organizzazioni. Il rischio non è solo quello di perdere competenze: è quello di perdere la qualità delle connessioni umane che sostiene performance, engagement e fedeltà all’azienda.

Come fare dunque? Leggi l’articolo per scoprirlo!

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CHE ASPETTI?

1. Una doppia trasformazione: l’IA cambia il lavoro, il digitale cambia le relazioni

L’IA sta attraversando il mondo del lavoro come una forza trasformativa. Automatizza attività ripetitive, accelera l’analisi dei dati, ottimizza processi complessi. In altre parole, sta cambiando il contenuto del lavoro: ciò che facciamo, come lo facciamo, quali competenze diventano centrali.

Parallelamente, il lavoro ibrido e digitale sta cambiando il contesto del lavoro. Ha ridotto molte delle interazioni spontanee che tenevano vivo il tessuto sociale delle aziende. Pensiamo a momenti che appartengono all’esperienza di tutti: la pausa caffè in cui si condividono foto del weekend, la chiacchiera veloce prima di una riunione, quel “sentire a pelle” il clima emotivo del team. Oggi, molte di queste micro-connessioni sono state sostituite da meeting programmati, chat asincrone e workflow sempre più automatizzati.

Il risultato? Siamo più connessi da un punto di vista tecnologico, ma spesso meno connessi da un punto di vista umano.

Il tutto si verifica in un contesto delicato: secondo l’European Workforce Study 2025 di Great Place to Work, in Italia il 40% dei lavoratori prevede di cambiare azienda entro un anno, mettendo ulteriore pressione sulla tenuta relazionale delle organizzazioni.

2. L’AI non sostituisce le relazioni: le rende più necessarie

C’è una narrativa diffusa secondo cui l’IA potrebbe “rimpiazzare” il lavoro umano. Ma i dati e la ricerca dicono altro. Secondo il report Deloitte Global Human Capital Trends 2025, man mano che l’IA automatizza alcune attività, il valore umano si sposta verso ciò che è irriducibile alla logica delle macchine: giudizio critico, collaborazione, etica, creatività, relazione.

Questo perché la relazione contiene dimensioni che non possono essere codificate:

  • l’IA può analizzare un dataset, ma non può cogliere le sfumature emotive;
  • può ottimizzare un processo, ma non può
    generare engagement autentico;
  • può proporre una soluzione, ma non può costruire fiducia nel tempo.

E questo non è solo un ragionamento teorico: è ciò che le persone chiedono. Un’indagine di KPMG mostra che l’87% dei dipendenti considera essenziale lavorare in un’azienda che favorisca relazioni autentiche, soprattutto in un contesto in cui la tecnologia media sempre più interazioni.

In altre parole: più tecnologia abbiamo, più relazione desideriamo.

Tecnologia e relazioni

3. Le relazioni sono un’infrastruttura essenziale del lavoro

Dire che “le relazioni contano” è riduttivo: oggi rappresentano una vera infrastruttura organizzativa, la base che sostiene performance, benessere e capacità di innovare. Non sono un elemento accessorio della cultura aziendale, ma il tessuto che permette ai team di funzionare davvero.

Le evidenze scientifiche lo confermano da anni. Amy Edmondson (Harvard), con i suoi studi sulla psychological safety, dimostra che i team che lavorano in un clima di fiducia, ascolto e libertà di esprimersi - senza paura del giudizio - apprendono più velocemente, innovano di più e affrontano meglio l’incertezza.

Il MIT Human Dynamics Lab ha aggiunto un tassello decisivo: ciò che predice la performance di un team non è la somma dei talenti individuali, ma la qualità delle interazioni. Frequenza delle conversazioni, equilibrio tra chi parla e chi ascolta, connessioni laterali, scambi informali: sono questi gli elementi che distinguono un team mediocre da un team eccellente. In altre parole, relazioni forti generano team forti.

A questi contributi accademici si affiancano dati recenti che mostrano come le relazioni influenzino anche la decisione di rimanere o lasciare un’organizzazione. Sempre secondo la survey di KPMG, condotta su più di 1.000 lavoratori full-time:

  • quasi la metà afferma che le amicizie sul lavoro influenzano concretamente la scelta di restare;
  • una parte significativa sarebbe persino disposta a rinunciare a una parte della retribuzione pur di lavorare in un contesto socialmente ricco e supportivo.

Anche Gallup conferma questo quadro: avere un “best friend at work” è oggi uno dei predittori più forti di engagement, performance e lealtà. Questi dati non suggeriscono semplicemente che “le relazioni aiutano la retention”, ma qualcosa di più profondo: nell’era dell’AI e del lavoro ibrido, le persone rimangono dove trovano connessioni significative, che funzionano da “rete di sicurezza emotiva”, non solo dove ottengono condizioni economiche vantaggiose.

Tutto questo porta a una conclusione chiara: la retention non è l’obiettivo primario della relazione, è la sua conseguenza naturale. Il vero valore di una rete relazionale sana è che trasforma un gruppo di persone in un sistema vivente, capace di apprendere, adattarsi, collaborare profondamente e innovare. È questa infrastruttura sociale - spesso invisibile, ma potentissima - che permette a un’organizzazione di prosperare in un contesto dove la tecnologia cambia rapidamente e l’IA ridefinisce il lavoro.

Tecnologia e relazioni

4. Come coltivare relazioni umane in un contesto sempre più digitale

In un lavoro sempre più mediato dalla tecnologia, le relazioni non possono più essere lasciate al caso. Vanno progettate, curate e rese possibili attraverso pratiche intenzionali, offline e online.

Ecco quattro direzioni concrete che aiutano le organizzazioni a farlo in modo sostenibile e coerente:

  • progettare momenti di connessione intenzionali: nel lavoro ibrido, le relazioni non emergono più in modo spontaneo come accadeva nei contesti tradizionali. Perché possano nascere e consolidarsi, serve un disegno esplicito: occasioni pensate per far incontrare le persone, per farle dialogare, per creare legami al di là delle attività operative. Questo può includere ritiri aziendali, giornate di co-working, workshop esperienziali o semplici momenti di confronto non orientati a un deliverable.

  • Curare il design delle interazioni digitali: non è una questione di videocamere accese: è una questione di presenza intenzionale. La qualità delle relazioni online nasce da una vera hygiene relazionale digitale, che rende gli incontri virtuali più umani, presenti e significativi. Questo significa introdurre rituali di apertura che creino connessione, momenti di check-in emotivo, spazi dedicati alla conversazione non produttiva, metodologie di facilitazione che riducano l’overload e promuovano un ritmo più intenzionale delle riunioni. Le piattaforme digitali devono diventare luoghi di relazione, non semplici contenitori di task.

  • Usare l’ONA per capire il tessuto sociale reale dell’organizzazione: L’Organizational Network Analysis (ONA) è un modo per prendersi cura della rete sociale interna. Permette di osservare ciò che normalmente rimane invisibile: chi rischia l’isolamento, quali gruppi dialogano poco tra loro, chi funge da ponte tra team diversi e dove la comunicazione si blocca o si indebolisce. Le aziende che applicano ONA in modo etico e trasparente possono ottenere una fotografia chiara del proprio ecosistema relazionale ed intervenire prima che l’isolamento diventi disingaggio o addirittura turnover.

  • Usare l’AI per liberare tempo umano, non per sostituirlo: il valore dell’AI non sta nel “fare al posto nostro”, ma nel permettere alle persone di dedicare più tempo e attenzione a ciò che richiede intelligenza emotiva, creatività e presenza umana: conversazioni significative, mentoring, coaching, problem solving complesso, leadership autentica.

L’equilibrio da cercare è semplice: la tecnologia offre efficienza, ma il senso lo generano le persone. Coltivare relazioni in un contesto segnato da IA e digitalizzazione non è un ritorno nostalgico al passato: è una strategia di futuro.

Le aziende che investono nelle connessioni umane costruiscono ecosistemi più resilienti, più coesi e più capaci di affrontare la complessità. La tecnologia accelera, certo. Ma è l’umano che ci tiene insieme.

Prenditi cura delle tue persone con Tuttobene!

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CHI L’HA SCRITTO?

Federica La Russa
Federica La Russa

Dispensatrice di rimedi della nonna, Federica è il punto di riferimento per il nostro team per quel che riguarda salute e dintorni. La sua esperienza è una risorsa preziosa per chiunque cerchi di migliorare il proprio benessere in modo ​consapevole e sostenibile​.

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