Digital Privacy, cos'è e cosa occorre per proteggere se stessi online?
Per utilizzare in sicurezza gli strumenti digitali, è necessario sviluppare la digital soft skill relativa alla digital privacy.
DI Chiara Bua / giugno 2024
La trasformazione digitale sta profondamente cambiando le vite personali e professionali di ognuno di noi. Dispositivi mobile, intelligenza artificiale, social media, internet of things, cloud, big data, ecc., ci pongono da un lato nella posizione di fruire di nuovi strumenti e soluzioni che a vario titolo, e a vario livello, potenziano e/o semplificano alcune delle attività che svolgiamo più o meno quotidianamente; dall’altro lato, però, ci pongono anche in una situazione del tutto nuova che ci coglie, spesso, un po’ impreparati, ossia quella legata alla sicurezza, e di conseguenza anche alla privacy, che la nostra nuova dimensione digitale ci richiede di mettere in atto. Oggi, quindi, è sempre più necessario sviluppare la giusta consapevolezza riguardo la tematica della sicurezza anche in riferimento al mondo digitale.
IN QUESTO ARTICOLO
1. La Digital Privacy: cosa è?
Con l’espressione digital privacy si fa riferimento, letteralmente, alla riservatezza all’interno del mondo digitale. Un concetto che potrebbe quasi sembrare un ossimoro, visto che la maggior parte delle soluzioni che vivono nel mondo digitale si basano su una qualche forma di condivisione e, dunque, di apertura verso il prossimo: da Airbnb a Amazon, passando per le m-health app e i social network, pressoché tutto ciò che accade all’interno della sfera digitale è condiviso e condivisibile all’interno della propria rete di contatti, così come anche all’esterno di essa. E proprio perché in ambito digitale “condividere” è così semplice, quasi spontaneo per chi è ormai avvezzo a questo mondo, risulta ancora più importante fare un passo indietro e riflettere sulle implicazioni che queste forme di condivisione possono assumere. Ciò vuol dire sviluppare e coltivare una specifica digital soft skill come la digital privacy, ossia:“la capacità di proteggere la confidenzialità dei dati e delle informazioni in base agli strumenti e ai contesti di riferimento, garantendo anche il corretto utilizzo degli strumenti tecnologico-digitali. ”
Per proteggersi adeguatamente è innanzitutto necessario conoscere. Il tema legato alla conoscenza delle tipologie di minacce a cui si è esposti all’interno del mondo digitale, quindi, è di estrema rilevanza, perché solo sapendo riconoscere e individuare un eventuale rischio è possibile prendere le giuste contromisure. Affinché ognuno di noi sia in grado di proteggere e garantire la propria digital privacy, dunque, è opportuno avere familiarità con le tipologie di minacce online più diffuse.
2. La Digital Privacy: tra pubblico e privato
Ma la dimensione della digital privacy va oltre il concetto più stretto di sicurezza e di riservatezza dei dati e delle informazioni che passano dai nostri strumenti digitali. Una fetta importante della sicurezza digitale passa anche dalla dicotomia tra privacy e publicy, quindi tra ciò che è pubblico e ciò che è privato. Se quando si parla di cybersecurity si fa riferimento alla capacità di difendere i nostri dati da attacchi esterni, quando si parla specificatamente di privacy allora ci si riferisce alla capacità di ognuno di noi di decidere cosa rendere pubblico e cosa mantenere privato. Ma che rapporto abbiamo con la nostra privacy sui canali digitali? In linea di massima siamo tutti dei ferventi sostenitori del fatto che si tratti di un nostro diritto fondamentale, ma siamo consapevoli del fatto che nel momento in cui decidessimo di smettere totalmente di condividere i nostri dati online, la nostra stessa esperienza digitale cambierebbe completamente?Tutti i servizi online che utilizziamo gratuitamente usano, stando ai termini degli accordi che sottoscriviamo al momento dell’iscrizione, i nostri dati per finalità di marketing. Del resto ormai sempre più spesso si sente dire che “se non stai pagando per un servizio non sei il cliente, sei il prodotto”. Se aziende come Facebook o Gmail non potessero più utilizzare a fini commerciali i dati che consentiamo loro di raccogliere, allora saremmo probabilmente costretti a pagare una quota fissa per poter utilizzarli. Così come siamo anche abituati a servizi che offrono un’alta personalizzazione: quando usiamo Google il motore di ricerca “ricorda” le nostre ricerche precedenti, così come accade anche su Amazon, e più li utilizziamo e più la loro capacità di offrirci soluzioni su misura aumenta. Ciò è possibile grazie ai dati su di noi che permettiamo a queste aziende di utilizzare.
Tutto ciò ha implicazioni anche sul versante della privacy: chi di noi davanti a una nuova app o a un nuovo servizio si è fermato a leggere tutte le condizioni di servizio o anche soltanto le parti principali? La voglia di gratificazione istantanea arriva ad annullare qualsiasi preoccupazione razionale circa l’utilizzo che le aziende potrebbero fare dei nostri dati: se ci fermassimo a leggere in tutto e per tutto le condizioni di servizio, forse, ci penseremmo due volte prima di confermare la sottoscrizione.
Infine quando si parla di digital privacy non si può non fare riferimento a quello che potremmo definire un nuovo concetto di ciò che è pubblico, oggi, in un mondo digitale dove l’utilizzo dei social network è ormai la norma. Condividere una foto, un video o una frase è talmente semplice che spesso quasi non ci fermiamo a pensare a quanto di noi stessi comunichiamo attraverso questi canali: da dove siamo andati a cena, all’ultima città che abbiamo visitato, passando per la recita di nostro figlio o l’ultimo libro che abbiamo letto. Un tempo queste e tante altre informazioni venivano condivise soltanto con la propria cerchia di amici, oggi invece non soltanto vengono rese pubbliche per una platea estremamente più ampia, ma sono destinate a rimanere sulla rete per sempre, visto che una volta pubblicato online un contenuto diventa pressoché indelebile. Tutto ciò ci pone in una posizione della quale, forse, non siamo sempre totalmente consapevoli: più condividiamo, più ci esponiamo, più la sfera della nostra privacy si riduce. Pensateci la prossima volta che qualcuno vi chiederà “Com’era la Spagna?” e voi risponderete “Quando ti ho detto che sono stato in Spagna?” e vi sentirete dire “Ho visto le foto che hai postato su Instagram”.
Ecco cos’è la digital privacy: una dimensione estremamente rilevante della nostra vita digitale che richiede un’apposita competenza per essere gestita al meglio. Sviluppare una soft skill come la digital privacy è fondamentale per iniziare a fare un uso davvero ragionato degli strumenti e delle soluzioni che il digitale ci mette a disposizione: la facilità alla quale il digitale ci ha abituati non dovrebbe, infatti, renderci degli individui che “cliccano” senza sapere a cosa stanno dando la loro approvazione o che hanno abbassato talmente tanto la propria attenzione da non rendersi conto che qualcuno sta cercando di approfittarsi di noi.
Ecco cos’è la digital privacy: una dimensione estremamente rilevante della nostra vita digitale che richiede un’apposita competenza per essere gestita al meglio. Sviluppare una soft skill come la digital privacy è fondamentale per iniziare a fare un uso davvero ragionato degli strumenti e delle soluzioni che il digitale ci mette a disposizione: la facilità alla quale il digitale ci ha abituati non dovrebbe, infatti, renderci degli individui che “cliccano” senza sapere a cosa stanno dando la loro approvazione o che hanno abbassato talmente tanto la propria attenzione da non rendersi conto che qualcuno sta cercando di approfittarsi di noi.
CHI L’HA SCRITTO?
Chiara Bua
Esponente di spicco del binge-watching da molto tempo prima dell'arrivo di Netflix, non si tira mai indietro quando c'è da scoprire un nuovo ristorante giapponese o una succulenta hamburgheria. È nota al grande pubblico per essere tra le poche persone al mondo ad andare ogni giorno oltre la prima pagina di risultati di Google senza subire danni permanenti al cervello.