Come NON fare Visual Storytelling: tre esempi negativi da cui imparare
Dietro al successo c'è una strada fatta di impegno ed errori, ma dal fallimento possiamo imparare molto. Leggi 3 epic fail di visual storytelling!
DI Francesca Fantini / giugno 2024
Tutti amiamo l’idea del sul successo, ma ben pochi di noi sanno cosa si nasconde dietro a questa idea: la gioia è la punta dell’iceberg, mentre il sommerso, ciò che non si vede e che è ben di più di quel che affiora in pubblico, è fatto di fatica, fallimenti e cadute.
Coloro che hanno avuto successo ne conoscono il segreto: hanno dovuto soffrire per il duro lavoro, confrontarsi con importanti rinunce quasi sempre in uno stato di solitudine e totale indifferenza. È così: il mondo fugge dai nostri fallimenti, ma celebra con noi i nostri successi.
Lo ha sintetizzato bene Procter&Gamble in una serie di commercial magistrali: “Thank you, Mom”.
I risultati di questa campagna sono stati strepitosi: “Thank you, Mom” è stata la più grande e riuscita campagna globale nella storia di 175 anni di P&G, con 500 milioni di dollari in vendite P&G incrementali, 76 miliardi di impression sui media, oltre 74.000.000 di visualizzazioni e oltre 370.000.000 di interazioni su Twitter.
Ma oggi non siamo qui per scrivere di successi. Oggi ci occupiamo dell’altro lato della medaglia: il fallimento. Quando lo storytelling - e più nello specifico il visual storytelling - fallisce, quando la comunicazione non va a buon fine ma anzi, crea danni. Quando la caduta fa precipitare il brand. È soprattutto da questi episodi che possiamo trarre il massimo insegnamento. Vediamo quindi tre esempi di visual storytelling che non hanno funzionato.
1. Visual Storytelling epic fail, parte 1: Chanel “There you are”
Iniziamo con un giudizio tranciante: questo spot del 2012 è stato soprannominato “il peggior spot di sempre sulle fragranze”.
La critica concorda su un punto: usare un uomo nella pubblicità delle fragranze femminili è stata una grande idea. Audace, originale e a quel tempo eccezionale poiché tutto il mercato dei profumi femminili fino ad allora non aveva mai cambiato il punto di vista della narrazione, usando un uomo nel proprio modo di raccontarsi.
Il problema, però, è stato proprio lo storytelling e la sua trasposizione visiva. Se da un lato troviamo un pessimo copy, frutto di un’accozzaglia di “filosofia spicciola” e “massimi pensieri” (“ogni viaggio ha la sua fine, ma noi andiamo avanti”, “il mondo gira e noi giriamo con lui”…), dall’altra troviamo un attore che non ha saputo interpretare con la necessaria intensità quelle parole. Brad Pitt nel video ha uno sguardo sfuggente, quasi imbarazzato davanti alla telecamera. In quanto al tono di voce… vale la pena ricordare che questo è uno degli spot con più parodie di sempre.
Per ciò che riguarda le vendite, tuttavia, la Maison non ha mai dichiarato di aver subito delle perdite. Fonti non ufficiali hanno dichiarato che Pitt ottenne, epic fail oppure no, un cachet di 7 milioni di dollari.
2. Visual Storytelling epic fail, parte 2: SONY “PSP white is coming”
Nel 2006 i cartelloni pubblicitari per la PSP di Sony, per annunciare la release della variante bianca, suscitarono costernazione nella comunità di video-giocatori di tutto il mondo. Il visual mostrava una donna bianca afferrare minacciosamente il volto di una modella nera, da una posizione di supremazia. Accanto a loro, le parole “PlayStation Portable White sta arrivando”.L’intenzione era quella di essere provocatori per il lancio della nuova consolle bianca: nessun dubbio, quindi, sulla finta ingenuità a cui inizialmente si erano appellati i produttori della campagna (TBWA/Bruxelles). Cattivo gusto e pessima esecuzione dal tono razzista per uno dei più grandi epic fail della storia del visual storytelling.
3. Visual Storytelling epic fail, parte 3: Dolce & Gabbana “Eating with Chopsticks”
In questa serie di 3 clip, mandata in onda pochi giorni prima di un’importante sfilata di moda a Shanghai, la Maison italiana voleva celebrare in modo scherzoso la cultura cinese.Il video storytelling in questo caso ha peccato di una scarsa conoscenza della cultura e della società cinese. I video sono stati considerati offensivi perché mostrano un’immagine stereotipata della Cina: dalla musica da classico ristorante cinese fino al comportamento della modella, frivolo e svampito di fronte a situazioni imbarazzanti (come l’atto di mangiare un cannolo gigante con le bacchette).
La Maison, visto il risultato disastroso di questa campagna, ha ritirato i video dalla circolazione e gli stessi Stefano Dolce e Domenico Gabbana hanno successivamente pubblicato un video di scuse (il quale, inoltre, non ha ottenuto l'effetto desiderato).
Solo uno scivolone da dimenticare? No: D&G ha avuto forti ripercussioni sulle proprie attività in Cina. La sfilata fu cancellata e i prodotti degli stilisti italiani sono stati ritirati dalle principali piattaforme di e-commerce del Paese. Un pessimo video storytelling che ha bruciato milioni di Euro.
4. Cosa puoi imparare da tutto questo?
Per costruire un buon progetto di comunicazione bisogna partire dalle basi: innanzitutto, conoscere profondamente il pubblico con il quale si vuole instaurare un rapporto. Ne abbiamo parlato in un articolo che ti aiuta ad identificare i tuoi interlocutori: “Le buyer personas: il primo passo per generare lead qualificati”.Nella storia del marketing e della comunicazione ci sono tantissimi esempi di visual storytelling che non hanno funzionato: è importante studiare questi casi e imparare dal fallimento.
Dietro la facciata felice del successo giacciono storie di argomenti sbagliati, obiettivi non raggiunti, errori di comunicazione che hanno portato anche a disastri economici. I visual storyteller esperti, però, usano i big fail come elementi per crescere. Ecco perché non si stancano mai di provare.
CHI L’HA SCRITTO?
Nata da un felice connubio tra Italia del nord e del sud, possiede il gene prepotente della curiosità. Copywriter di professione, storyteller per vocazione, vegetariana per scelta, nel tempo libero fa esperimenti ai fornelli e acquista più libri di quanti potrà mai leggerne.